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Mio padre

    Chissà perchè pensando a lui, ricordando lui, rivedo con gli occhi dell'anima, la sconfinata distesa azzurra del mio Adriatico dardeggiato dai raggi dorati del soIe ... e lo sciabordare tranquillo delle sue onde mi pare musica, musica serena, eco di quella che vibrava profonda nelle fibre più segrete della sua anima.

Sr. Maria Imelda Corona


 

    Poesia? No, realtà. Bisogna averlo conosciuto come può conoscerlo un figlio, averlo scoperto giorno per giorno nell'infinita gamma di sfumature che colorano i rapporti umani nell'intrecciarsi degli eventi ora lieti, ora tristi che ritmano la vita, per poter cogliere questa nota dominante della sua personalità.

    Babbo era così. Il Signore era stato generoso con lui, donandogli una natura ricca, esuberante, un'intelligenza profonda, una capacità di amare sconfinata, una sensibilià finissima, aperta ad ogni espressione del bello nell'uomo, nella natura, nell'arte in tutte le sue forme.

    Non intendo fare l'apologia di mio padre, ma solo fissare pochi tratti della sua ricchissima personalità, a cominciare dal modo splendido in cui ha vissuto la sua paternità. E a dirlo forse basterà una piccola confidenza personale. Non so se capiti a tutti, a me è capitato.

    In certi momenti, quando per una luce improvvisa che lo Spirito accende in noi si scopre ai nostri occhi l'abissale povertà della nostra condizione di creature e l'infinita grandezza di Dio, si è presi da un senso di smarrimento, di angoscia. Ci si sente così piccoli, così fragili di fronte al mistero ... E allora si pensa a questo Dio così grande che si è rivelato come amore nel Cristo ... e l'anima a poco a poco si dilata nella fiducia e nella speranza.

     Ebbene, proprio allora quanta pace ho provato pensando che se Babbo, pur essendo una creatura segnata dal peccato e imprigionata nei limiti della condizione umana, ha saputo essermi padre con tanta bontà e dolcezza, che cosa non sarà l'amore del Padre dei cieli?

    Quanti ricordi di questa tenerezza paterna! A parlarne mi sembra di sciuparli. Ne riferirò solo uno.

    Quando nell'ormai lontano 1957, per rispondere si al Signore che mi chiamava, dovetti lasciare la mia amatissima famiglia, la parrocchia, la mia terra, provai dentro di me uno strazio indicibile. Ma cercavo di essere forte, di nascondere le lacrime. Giunta però alla stazione, trovando la sorpresa di tutte le compagne di Azione Cattolica che mi aspettavano per salutarmi, non ce la feci più ... e piansi senza ritegno.
Arrivò il treno che mi doveva portare tanto lontano: Babbo, solo, mi prese per mano e mi accompagnò allo sportello: cercava di dominare l'emozione, era sereno. Mi abbracciò con tanta tenerezza e poi, guardandomi bene negli occhi, mi disse: «Figlia mia, lo vedi quanto ci costi? Bene ... cerca di essere sempre all'altezza della tua chiamata. Il Signore ti benedica».

    Fortezza umana e radicalità di fede. La vita non era stata generosa con lui: quante umiliazioni, quante amarezze, quanti momenti duri, quante incomprensioni! Eppure la sua serenità, la sua fiducia, la sua fede non venivano mai meno. Risento ancora la sua cara voce ripetere in dialetto monopolitano:  «Ma sì, Dio vede, Dio provvede!». E non misurava fatiche. La sua famiglia, i suoi figli erano al di sopra di tutto, e per loro quanti sacrifici! Il Signore li ha pesati tutti sulle bilance del suo amore e,  spero , saranno la sua gloria per l'eternità.

    Così le sue rinunce. Quante nella sua vita!

    Amava appassionatamente la sua arte: la musica era, direi,  uno degli elementi costitutivi del suo essere. Quando si sedeva al pianoforte e improvvisava o componeva, si trasformava tutto, diventava una cosa sola con lo strumento: c'erano solo lui e la sua musica, lui e quello che gli cantava in cuore: gioia, dolore, speranza, amore. E le note fluivano ora serene, ora tempestose, ora quiete, ora appassionate, sempre soffuse di nostalgica dolcezza. E quando, scherzando, gli facevo notare che era troppo ”pucciniano”, sorrideva con i suoi occhi buoni e, giungendo insieme le mani con quel suo gesto così caratteristico, mi rispondeva: «E che ci posso fare?  Così sento dentro».

    Non sta a me pronunciare giudizi sulla sua arte: lo faranno altri più competenti e più qualificati di me. Nella sua musica, soprattutto in quella religiosa, sentivo vibrare tutta la sua fede e il suo amore per Dio e per la Madonna. Chi l'ha conosciuto come organista della Cattedrale di Monopoli non potrà dimenticare facilmente la solennità grandiosa di certi pontificali, in cui l'organo aveva una sua parte così preponderante con i suoni ora poderosi come il tuono, ora dolci e soavi come la brezza leggera del mattino.

    E che dire dell'amore con cui curava l'esecuzione del canto gregoriano, di cui fu sempre appassionatissimo cultore e maestro?

  Tutto gli parlava di Dio, della sua grandezza, della sua bontà: per questo si commoveva per la più piccola gentilezza che gli venisse usata, per una parola di incoraggiamento, per una cortesia.  E non dimenticava più le persone che gli avevano fatto del bene. In lui, soprattutto negli ultimi anni, mi colpiva la finezza di sentimento e quell'innata signorilità che, pur nella debilitazione fisica, si conservavano intatte. In sua presenza ,  e questo era divenuto proverbiale in famiglia, non ci si poteva lasciar andare a volgarità verbali: taceva per non offendere, ma con l'atteggiamento lasciava capire chiaramente che non approvava, che ne soffriva. Era fatto così...

    Parlando di lui mi accorgo che è nulla quello che si può dire in confronto a quanto il cuore conserva a caratteri indelebili: «Protunditas est homo et cor eius abissus» dice il Salmista. E solo Dio può scandagliare le profondità di questo abisso che è la vita di ogni uomo.

    A noi appaiono piccole luci, piccole ombre: la realtà profonda di ogni creatura sfugge al nostro sguardo opaco ed è mistero che ci affascina e ci turba.

    Solo nel silenzio divenuto preghiera la realtà di chi ci ha lasciato può essere contemplata e assaporata con frutto. E così mi piace rivivere la dolce presenza di mio padre, in un silenzio più eloquente di ogni parola, in un incontro che non ha più fine,  perchè lui ormai è nell'eternità di Dio.                                                                                                                                                                          

                           Sr. Maria Imelda dell'Eucaristia C. Sc



   
   



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